Il tempo di conservazione del pesce e il contenuto di CO2 nella sua confezione sono i due fattori principali che condizionano l’effetto della temperatura sulla formazione di istamina, la principale fonte di allarme alimentare nel pesce che dipenda dalla temperatura. Gli scienziati hanno individuato alcune combinazioni di questi due fattori che soddisfano i criteri di sicurezza alimentare stabiliti dall’UE per varie temperature di conservazione. Sono queste alcune delle conclusioni della relazione dell’EFSA sulla temperatura da osservare per i prodotti della pesca preconfezionati destinati alla vendita al dettaglio. L’istamina è una sostanza che si forma quando determinati pesci non vengono adeguatamente refrigerati prima della cottura o trasformazione. La sua presenza nei pesci è disciplinata della legislazione UE. Tonno, sardine, sgombri e acciughe sono tra le specie in cui può trovarsi tale sostanza. Nell’UE l’intossicazione da istamina è una delle malattie più comuni causate dal pesce e dai prodotti della pesca.

Nel 2013 si sono verificati 42 focolai di intossicazione da istamina che hanno coinvolto 231 persone. Ma il numero effettivo di focolai e persone colpite è probabilmente superiore al numero segnalato. I prodotti della pesca contenenti elevati livelli di istamina non necessariamente presentano un brutto aspetto o emanano cattivo odore, ma purtuttavia possono provocare la malattia. I sintomi nell’uomo sono formicolio o bruciore della bocca o della gola, eruzioni cutanee, mal di testa, diarrea e di solito insorgono entro un’ora dal pasto. “La cottura, il congelamento e l’inscatolamento non distruggono questa tossina, l’istamina, dopo che si è formata. La migliore forma di prevenzione è evitare che si formi preservando la catena del freddo e tenendo il pesce in frigo”, spiega Ernesto Liebana, responsabile dell’Unità dell’EFSA che si occupa di pericoli biologici e contaminanti.

istamina

Fonte: Alimenti & Bevande