Irregolarità nella compilazione del cartellino sul pesce esposto: mancava l’indicazione della specie espressa in latino.

Mille e centosessantasei euro. A tanto ammonta la contravvenzione elevata dagli agenti del Corpo forestale ai titolari di una pescheria di Foligno. Ma chi, alla luce della salatissima sanzione, pensasse a pesce poco fresco o mal conservato, sbaglierebbe e pure parecchio. La merce in vendita sul banco dell’attività cittadina, infatti, era di ottima qualità, nulla da contestare anche in merito al rispetto delle severe norme igienico sanitarie in materia. Il motivo della contravvenzione sta invece tutto in un’irregolarità relativa alla compilazione del cartellino esposto vicino ai vari tipi di pesce e nel quale – seppure riportato il luogo di provenienza del prodotto e le altre indicazioni che ne consentono la tracciabilità – mancava l’indicazione della specie espressa in latino vicino al nome scritto in italiano. Questo, stando a quanto emerso, non sarebbe il primo caso di una simile sanzione elevata in città. Le multe di questo genere, tutte di importi decisamente consistenti, sembrano essere state numerose negli ultimi tempi, per l’esattezza da quando l’Italia ha recepito la normativa europea – della quale non è semplice per gli stessi pescivendoli capire la ratio – che impone tale obbligo. Per quanto quindi sia formalmente ineccepibile l’elevazione della multa da parte degli agenti della forestale, la questione fa comunque storcere il naso ai commercianti, che dicono di sentirsi vessati: “Faremo ricorso – fanno sapere intanto i titolari dell’attività multata – perché sentiamo di aver subito un’ingiustizia. Non si può – dichiarano ancora – in un periodo di crisi come questo, in cui lavorare è una sfida quotidiana, elevare contravvenzioni di simile portata. Oltretutto non riusciamo a capire l’utilità, anche per il consumatore, di una norma del genere. Non si contesta né la qualità del prodotto, né la sua freschezza, tanto meno le condizioni igieniche, ma solo l’indicazione del nome latino, che tra l’altro nessuno conosce”. Difficile dargli torto. Del resto chi è mai entrato in pescheria chiedendo una sparus aurata (orata), un lophius budegassa (rombo) o una soleas vulgaris (sogliola)? E trovarle indicate così sul cartellino di certo nulla aggiunge alla qualità e alla freschezza del prodotto acquistato. “Gli agenti fanno applicare le norme – aggiunge un altro pescivendolo della città – ma, visti anche i tempi che corrono, ci vorrebbe un po’ di buonsenso, soprattutto da parte del legislatore. Si dovrebbe pensare anche al peso che multe simili hanno su piccole attività come le nostre”. C’è perfino chi, recentemente, è stato sanzionato per aver scritto “misto per frittura” sul cartellino, senza indicare ogni singola specie di pesce contenuta all’interno sia in italiano che, naturalmente, in latino.

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Fonte: Corriere dell’Umbria