ALIMENTI CONGELATI – Dopo un certo numero di anni “possibilisti” – ovvero, con decisioni propense ad escludere la configurabilità del reato di “tentativo di frode in commercio” (artt. 56 e 515 del codice penale) nel semplice fatto della detenzione di ingredienti congelati (pesce soprattutto) nelle celle frigo di ristoranti il cui menù nessuna indicazione forniva al riguardo – la Corte di cassazione ultimamente sembra ormai aver imboccato con decisione la via del rigore colpevolista.

In pratica, anche a locale chiuso o comunque anche senza avventori in sala pronti a consultare un “menù” omertoso sull’impiego degli alimenti congelati detenuti in cucina, il ristorante viene ravvisato come penalmente responsabile del tentativo di consegnare all’avventore un alimento di qualità diversa da quella pattuita o dichiarata attraverso la mancata precisazione – sulla lista delle pietanze – che le stesse sono state elaborate impiegando uno o più ingredienti “congelati”.

I Collegi della Cassazione, che su questo tema si sono cimentati in un crescendo di decisioni negli ultimi dieci e passa anni, in realtà hanno concentrato la loro attenzione ed i loro sforzo soprattutto  sulla configurabilità o meno del tentativo del delitto di “frode nell’esercizio del commercio” (tentativo i cui elementi costitutivi – come è noto – vanno tratti dall’articolo 56 del codice penale) rispetto ad una situazione in realtà poco “esplicita”, quale appunto quella di avere omesso di chiarire la condizione di “congelato” per alcuno o tanti o magari tutti gli ingredienti di una pietanza proposta nella lista o nel menù del giorno.

Si è variamente discusso – nei singoli casi giudiziari – sulla possibilità di modificare o meno giorno per giorno quella lista e magari offrire al cliente indicazioni anche verbali – ossia a voce al momento dell’ordinativo – per chiarire la momentanea (e magari sopravvenuta nel corso dello stesso turno di cucina) disponibilità o meno di una od altra pietanza “fresca” e surrogarla o meno con quella “scongelata”.

La conclusione dei giudici – almeno per ora – è stata un “no!” e quindi pare di capire che anche il menù deve essere “fresco” o di giornata e comunque non facilmente modificabile.

In tal modo, il reato “tentato” pare che sia configurabile anche senza la presenza di una potenziale vittima: anche a ristorante chiuso insomma!

Basta dunque il pensiero per questo “tentativo” di frode in commercio secondo la Corte di Cassazione.

In tal senso, ci dà recente conferma la motivazione della Sezione penale III della Corte nella sentenza n. 44643 del 2 ottobre/5 novembre 2013.

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Fonte: Alimenti & Bevande