ALIMENTI CONGELATI – Secondo la Cassazione penale, sentenza n. 44643 del 5 novembre 2013 (riferimento normativo: art. 515 c.p.) “La detenzione di alimenti congelati nel frigorifero di un ristorante integra in ogni caso il tentativo di frode in commercio quando sul menu non è indicato lo stato fisico di quegli alimenti”.

La decisione conferma un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza e da questo punto di vista non presenta novità. E’ però interessante ritornare su questa tipologia di reato non solo per la diffusione del fenomeno, infatti esso continua ad essere portato frequentemente all’attenzione dell’autorità giudiziaria, ma anche perché il giudice di prima istanza si era “ribellato” all’insegnamento della Cassazione e aveva assolto l’imputato, sostenendo che la mera detenzione della merce congelata non integra il reato ipotizzato. La Corte di appello ribaltò la decisione, condannando l’imputato.

Il difensore ha allora presentato ricorso deducendo che:

  • L’indicazione nel menu di determinati alimenti non costituisce un’offerta al pubblico irrevocabile, perché, anche se una certa pietanza è elencata nel menu, potrebbe non essere disponibile e in tal caso il ristoratore non sarebbe obbligato a servirla.
  • Se manca un inizio di contrattazione con un qualche cliente, il reato non sussiste.
  • Ciò a maggior ragione in quanto l’ispezione venne eseguita in orario di chiusura del locale.
  • Non vi era certezza che il menu si riferisse alle pietanze trovate congelate.

La Cassazione ha respinto tutte queste argomentazioni, alcune tipiche della difesa in questi casi, altre più innovative.

In breve, i giudici della legittimità hanno osservato che la questione civilistica dell’offerta al pubblico non è rilevante rispetto al tentativo di frode in commercio, in quanto ove il ristoratore richiesto di una certa pietanza ne rifiuti la consegna (per esempio, proprio al fine di non commettere il reato), ciò sarebbe rilevante come “desistenza”, atta cioè a impedire il perfezionamento del reato di frode in commercio, ma non il suo tentativo.

Sul resto la Corte si è limitata a ribadire l’orientamento maggioritario, secondo cui tra l’altro non occorre che ci sia stato un contatto con un qualche cliente. Per tale ragione, anche la circostanza che il ristorante fosse chiuso a quell’ora non elimina la illiceità della condotta.

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Fonte: Alimenti & Bevande